ANDROLOGIA

DISFUNZIONE ERETTILE

La Disfunzione erettile (DE) è una condizione clinica per cui non è possibile raggiungere o mantenere l'erezione. In molto casi, il pene diventa parzialmente eretto, ma non sufficientemente per avere un rapporto sessuale completo. In altri casi, i pazienti non riescono a raggiungere nessun grado di erezione.
L'erezione è un fenomeno complesso che si realizza solamente in condizioni di una sincrona attivazione di meccanismi nervosi (a livello centrale e periferico), endocrinologici (ormoni) e vascolari (arteriosi e venosi).
Questa condizione può avere un impatto significativo sulla vita sessuale e sociale del paziente, oltre ad essere un campanello di allarme per altre patologie correlate come la patologia cardiovascolare.
La DE è in molti casi curabile. È inoltre possibile ricevere consigli sullo stile di vita e sugli accertamenti da effettuare per le patologie correlate a questa condizione.
Si ritiene che circa il 35%-50% degli uomini di 50 anni o più abbia avuto almeno una volta nella propria vita un episodio di disfunzione erettile. La DE diviene più comune con l’aumentare dell'età: il 50% degli uomini di età compresa tra i 40 e i 70 anni riporta disfunzione erettile e circa il 70% degli uomini di età superiore ai 70 anni ne soffre. Molti uomini non si recano dallo specialista per un consulto medico, o non riferiscono problematiche sessuali al curante; pertanto i dati di prevalenza di questa patologia sono molto spesso sottostimati.

FIMOSI E CIRCONCISIONE

La fimosi è una condizione caratterizzata dall’impossibilità di retrarre il prepuzio e scoprire completamente il glande col pene in stati di flaccidità. Tale condizione può essere di tipo congenito o acquisito.
La fimosi si definisce congenita nel caso in cui il restringimento prepuziale sia presente fin dal momento della nascita. In tal caso la correzione chirurgica è consigliabile solo in caso di fimosi serrata, vale a dire un prepuzio così stretto da non poter consentire di urinare ed effettuare una corretta igiene quotidiana. È necessario precisare che tale intervento, attualmente riveste un ruolo minore in quanto l’applicazione locale di pomate a base di cortisone può in molti casi essere risolutivo. Se la fimosi risulta non serrata nel bambino, l’intervento chirurgico non rappresenta il trattamento di scelta in quanto la condizione si risolverà progressivamente con l’esecuzione di esercizi di trazione del prepuzio sul glande.
Si parla di fimosi acquisita quando il paziente sano, in età adulta subisce un processo infiammatorio al glande, dovuto ad in infezioni fungine o batteriche, che esita in un restringimento del prepuzio. In questo caso è solitamente necessaria la correzione chirurgica.
La parafimosi, invece, è una condizione per cui la cute del prepuzio, in caso di fimosi non serrata, rimanga bloccata alla base del glande con impossibilità a ricoprire quest’ultimo e con strangolamento dello stesso. E’ necessario un intervento d’urgenza poiché lo strozzamento prolungato potrebbe causare una stasi venosa nel glande e successiva necrosi per ostacolo alla sua corretta vascolarizzazione.
L’intervento chirurgico, quando si riveli necessario, indicato per la risoluzione del quadro clinico della fimosi è la circoncisione, cioè l’asportazione della cute del prepuzio, responsabile del restringimento.

FRENULO CORTO, LACERAZIONE DEL FRENULO, E FRENULOPLASTICA

La porzione di mucosa che unisce la superficie inferiore del glande al prepuzio si chiama frenulo. Si tratta di una regione anatomica ricca di vascolarizzazione e terminazioni nervose.
Durante un rapporto sessuale, questa struttura viene sottoposta a sollecitazione meccanica e può essere soggetto a lacerazione o rottura, causando sanguinamento e dolore.
Il frenulo corto è caratterizzato da una sintomatologia e da dei segni caratteristici quali senso di trazione fastidioso durante l’erezione, incurvamento del pene verso il basso, sensibilità eccessiva del glande e possibile lacerazione durante il rapporto sessuale. In queste condizioni, è possibile eseguire un intervento di frenulo-plastica che consiste in un’incisione trasversale del frenulo stesso ed in una sua sutura longitudinale. La ripresa dei rapporti sessuali è possibile a circa 1 mese dalla procedura.

VARICOCELE

Il varicocele rappresenta una patologia caratterizzata da dilatazione ed incontinenza delle vene testicolari o spermatiche che hanno la funzione di drenare il sangue dal testicolo. Si tratta di una malattia piuttosto frequente con un picco dell’8% tra i 10 e i 19 anni. Colpisce il 15-20% della popolazione maschile ed è presente nel 30-40% degli uomini con problemi di fertilità.
I sintomi del varicocele includono dolore sordo al testicolo, senso di pesantezza a livello scrotale e perineale. I segni più frequenti sono rappresentati da dilatazione venosa palpabile a livello scrotale e riduzione delle dimensioni del testicolo omolaterale rispetto al controlaterale. Nella maggior parte dei casi non si hanno sintomi evidenti. Questi, se presenti, tendono a presentarsi con il caldo, dopo esercizio fisico, alla fine di un rapporto sessuale, oppure dopo un tempo prolungato in stazione eretta.
La diagnosi di varicocele viene posta tramite il reperto obiettivo (varicosità a livello testicolare) e quello strumentale (ecografia testicolare e eco-color-Doppler dei vasi spermatici). La persistenza di sangue venoso crea un’alterazione termica, metabolica e strutturale del testicolo con conseguente alterazione delle condizioni favorevoli per la crescita e lo sviluppo degli spermatozoi, la cui produzione è strettamente legata alle variazioni di temperatura. Fondamentale è anche l’esecuzione di uno spermiogramma, un esame laboratoristico per studiare le caratteristiche del liquido seminale e degli spermatozoi. L’ecocolordoppler testicolare è una particolare forma di ecografia che permette di stabilire l’entità del reflusso di sangue a livello dei testicoli. A seconda dell’aspetto ecografico il varicocele viene suddiviso essenzialmente tre gradi:
Varicocele di I grado: reflusso venoso evocabile esclusivamente con la manovra di Valsalva.
Varicocele di II grado: reflusso venoso basale fasico con il respiro.
Varicocele di III grado: reflusso venoso basale continuo.
L’indicazione al trattamento chirurgico di tale patologia si pone se il varicocele è palpabile all’esame obiettivo o è associato ad alterazione della quantità e qualità degli spermatozoi, a dolore testicolare o quando risulta necessario preservare la fertilità del paziente. L’intervento chirurgico viene proposto a pazienti adulti e giovani adulti affetti da tale patologia in associazione con uno stato di sub-fertilità (valori alterati allo spermiogramma) o infertilità conclamata con dimostrato fattore maschile (incapacità di concepire per almeno un anno, in presenza di valori alterati allo spermiogramma).
Per quanto riguarda la correzione del varicocele, esistono diverse tecniche chirurgiche:
  • legatura delle vene spermatiche con tecnica microchirurgica per via sub-inguinale, opzione di prima scelta in tutti i casi di varicocele;
  • sclerotizzazione anterograda secondo Tauber modificata, opzione che dedicata ai pazienti con varicocele recidivo.
Nel caso in cui, dopo un intervento microchirurgico di legatura delle vene spermatiche, si verificasse una recidiva, può essere proposta come opzione la sclerotizzazione anterograda, che prevede un approccio combinato chirurgico-radiologico per identificare e obliterare con una sostanza sclerosante le vene responsabili della recidiva del varicocele.

IDROCELE

Si definisce idrocele una raccolta di liquido giallo citrino all’interno dei due foglietti della vaginale propria (membrana che riveste il testicolo e l’epididimo) o lungo il funicolo spermatico. L’idrocele può essere classificato in due tipi: idrocele primario e idrocele secondario.
L’idrocele è primario o congenito nella maggioranza dei casi. Può colpire uno solo o, più raramente, entrambi i lati. Le cause dell’idrocele primario sono sconosciute; generalmente è una patologia congenita che si sviluppa quando il dotto peritoneo vaginale, cioè il condotto che unisce la cavità addominale con lo scroto non si richiude una volta avvenuto il passaggio del testicolo all’interno dello scroto; in questo modo il fluido peritoneale scende e si raccoglie nello scroto attraverso il dotto rimasto aperto. L’idrocele può svilupparsi come patologia secondaria in individui adulti. L’idrocele secondario può essere causato da ernia inguinale, da infezioni o traumi del testicolo o dell’epididimo, da occlusioni di fluido o di sangue nel funicolo spermatico, da cisti o tumori.
Il sintomo principale dell’idrocele è costituito da un aumento di dimensioni, non doloroso di uno o entrambi i lati dello scroto, che si presenta spesso turgido e pieno di fluido. Se l’idrocele è di dimensioni cospicue, risulta generalmente difficile anche apprezzare il testicolo con la palpazione.
Un esame obiettivo scrupoloso affiancato da transilluminazione scortale può risultare sufficiente a porre diagnosi di idrocele. La conferma alla diagnosi solitamente può essere posta grazie all’ecografia scrotale.
Il trattamento dell’idrocele primario è rappresentato dalla chirurgia e consiste nella chiusura del dotto peritoneo vaginale. L’idrocele secondario, invece, viene sottoposto a drenaggio chirurgico ed eversione della tonaca vaginale per facilitare il riassorbimento ed evitare recidive.

MALATTIA DI LA PEYRONIE O INDURATIO PENIS PLASTICA (IPP)

La malattia di La Peyronie o Induratio Penis Plastica è una patologia che causa curvatura del pene, associata a dolore durante le erezioni ed un’eventuale riduzione della rigidità peniena nel tratto distale. Tale condizione è caratterizzata dalla presenza di una placca calcifica a livello della tonaca albuginea che comporta una curvatura peniena più o meno marcata. Le cause di tale patologia non sono definite, ma fattori quali i microtraumi che si possono verificare durante i rapporti e la predisposizione genetica possono favorirne lo sviluppo.
Quando il pene si trova in stato di flaccidità, la patologia non risulta evidente ma in erezione, per casi di deformità severa, può addirittura impedire i rapporti sessuali. La prevalenza risulta maggiore in uomini di mezza età, anche se è possibile riscontrare curvature peniene anche tra pazienti giovani. La diagnosi viene posta tramite l’esame obiettivo quale la palpazione (individuazione della placca) e tramite fotografie che mostrino la curvatura durante l’erezione.
Alla palpazione è possibile riscontrare una formazione densa, fibrosa, generalmente a livello della linea dorsale mediana del pene. Per misurare in modo più preciso la condizione è spesso necessaria l’esecuzione di un eco-color doppler dinamico penieno. Con tale metodica, oltre a determinare con accuratezza le caratteristiche e le dimensioni della placca, si ha la possibilità di osservare direttamente il grado di incurvamento penieno, in modo da poter impostare al meglio il percorso più adeguato a ogni caso.
Spesso il paziente non necessita di un vero e proprio trattamento poiché, in seguito alla stabilizzazione della malattia cioè della curvatura peniena, si ha la possibilità di avere rapporti sessuali soddisfacenti, se la curvatura non risulta accentuata.
Nella fase precoce della malattia, che dura alcuni mesi, possono essere usati farmaci per controllare il dolore, bloccare l’incurvamento, e ripristinare l’erezione. I più utilizzati sono: inibitori delle 5-fosfodiesterasi, Vitamina E, colchicina, pentossifillina, tamoxifene, paraminobenzoato di potassio. La terapia farmacologica può essere di aiuto nella fase precoce della malattia o qualora il paziente non accetti trattamenti più invasivi come l’intervento chirurgico.
Se la curvatura peniena non rende possibile avere rapporti sessuali si può considerare un intervento chirurgico di raddrizzamento secondo una delle diverse tecniche oggi conosciute. La procedura chirurgica in questione permette il raddrizzamento del pene, associato però ad una riduzione della sua lunghezza, tanto maggiore quanto più severa è la curvatura.

INFERTILITA’ MASCHILE

Si definisce infertilità la condizione in cui una coppia non riesce ad ottenere una gravidanza dopo un anno di rapporti completi, continuativi, ed in assenza di misure contraccettive.
In termini epidemiologici si considera che nel 50% delle coppie infertili il contributo sia prevalentemente femminile, nel 30% prevalentemente maschile e nel 20% dei casi ci sia una combinazione tra contributo maschile e femminile. Si distinguono tre tipologie principali di cause:
  • Cause pre-testicolari: patologie del sistema endocrino maschile, a livello superiore, che provocano squilibri ormonali. Queste vengono distinte a sua volta in ipotalamiche ed ipofisarie.
  • Cause testicolari: danni testicolari che agiscono alterando la funzionalità interna del sistema esocrino e/o endocrino maschile (es. criptorchidismo, varicocele, torsione testicolare, anomalie cromosomiche).
  • Cause post-testicolari: ostruzione meccanica a carico dei dotti deferenti od eiaculatori che impediscono agli spermatozoi di uscire all’esterno.
Tra le cause sopracitate riveste particolare interesse il varicocele; si tratta di una delle cause di infertilità maschile maggiormente curabile grazie alla chirurgia ed è una causa molto frequente in quanto riscontrato nel 15% dei ragazzi in età puberale in buona salute e nel 20-40% dei ragazzi infertili. Se non trattato con la giusta tempistica, può causare, nelle forme più complesse, atrofia testicolare.
E’ necessario correggere il varicocele nei pazienti giovani, anche se non ancora in età riproduttiva, per evitare la possibilità di atrofia testicolare e successivi problemi di fertilità. L’efficacia del trattamento chirurgico risulta controversa per pazienti di età superiore ai 35 anni ed in cerca di paternità, il quanto si presume che il danno testicolare a quel punto si sia stabilizzato e non sia possibile ottenere un miglioramento qualitativo e quantitativo nel liquido spermatico.
Nella maggior parte dei casi, l’infertilità rappresenta una condizione del tutto asintomatica. Molto spesso la diagnosi viene posta in caso di mancato concepimento dopo circa 12 mesi di rapporti sessuali ripetuti e non protetti. In ogni caso, risulta importante valutare entrambi i componenti della coppia. Ulteriori esami diagnostici possono indicare se la causa sia prettamente maschile oppure femminile.
Lo spermiogramma rappresenta l’esame principale nella valutazione di un malato infertile ed è necessario che il prelievo venga effettuato dopo almeno 4 giorni di astinenza da rapporti sessuali o masturbazione e lontani (almeno 20 giorni) da episodi febbrili acuti che hanno un effetto molto negativo sugli spermatozoi.
Oltre ad esaminare il liquido seminale, una valutazione del profilo ormonale del paziente riveste indubbiamente un ruolo importate per testare la funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo, cioè componente del sistema endocrino responsabile del corretto funzionamento dell’apparato riproduttivo umano.
Anche esami strumentali, ad esempio l’ecografia scrotale e testicolare con PowerColorDoppler dei vasi spermatici, costituisce un’indagine mirata a valutare la struttura e le dimensioni dei testicoli e per porre la diagnosi di un eventuale varicocele sub-clinico.
Dato il numero elevato di cause che possono contribuire all’infertilità maschile non esiste un’opzione terapeutica universale, ma il trattamento sarà scelto sulla base della causa principale. Nel 25% circa degli uomini infertili non si riesce però ad identificare una causa certa della loro condizione (in questi casi si parla di infertilità idiopatica); questi pazienti possono trarre beneficio da un trattamento empirico.
Vengono solitamente impiegati antiossidanti ad alto dosaggio quali la tiroxina, l’arginina, lo zinco, la bromocriptina, la vitamina A, B ed E. Il trattamento con queste sostanze viene attuato al fine di eliminare i fattori ossidanti nocivi, prevenendo il danno ad essi associato.

PROSTATITE

La prostatite è una condizione infiammatoria che riguarda la ghiandola prostatica. In alcuni casi è dovuta ad una infezione batterica, e può avere insorgenza acuta, o avere un andamento cronico nel tempo.
Secondo la classificazione corrente, possiamo distinguere 4 categorie di prostatiti:
  • Categoria I: prostatite acuta batterica
  • Categoria II: prostatite cronica batterica
  • Categoria III: prostatite cronica abatterica, o sindrome cronica da dolore pelvico (CPPS)
  • Categoria IV: prostatite asintomatica
Circa il 50% degli uomini soffrono di prostatite almeno una volta nel corso della loro vita. La prevalenza globale è attorno al 5-14%. La fascia di età dai 20 ai 40 anni è associata al rischio maggiore di sviluppare prostatite.
Prostatite Acuta: La sintomatologia è costituita dalla comparsa improvvisa di febbre, dolore a livello della regione perineale, sovrapubica e alla schiena. Inoltre, possono essere presenti dei sintomi irritativi, come aumento della frequenza urinaria (specialmente la notte), bruciore minzionale e sensazione di urgenza, ed anche sintomi urinari ostruttivi, come difficoltà a urinare, sgocciolamento, un getto di urina ridotto, frequenti minzioni di poco volume con incapacità a svuotare del tutto la vescica, e ritenzione urinaria. L’esplorazione rettale, non è indicata in questi casi, potendo provocare anche un forte dolore.
Prostatite Cronica: Si definisce cronica la prostatite i cui sintomi perdurino per un periodo di tempo superiore ai 3 mesi. I pazienti con prostatite cronica non presentano normalmente febbre. Il dolore e i sintomi urinari sono simili a quelli che si possono sperimentare durante una prostatite acuta, tranne che per il fatto che si ripresentano nel tempo e che solitamente non è presente febbre.
Gran parte delle prostatiti batteriche, acute o croniche, sono correlate ad associate a infezione delle vie urinarie, in particolare a cistiti. L’agente patogeno coinvolto nell’80% dei casi è l’Escherichia Coli. Altri agenti patogeni di natura batterica meno frequentemente coinvolti sono Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella, Proteus, Serratia, e Enterobacter aerogenes.
La prostatite viene quindi diagnosticata sulla base della clinica del paziente, dell’esame obiettivo e tramite l’impiego di esami laboratoristi quali l’esame delle urine, l’urinocoltura e la raccolta delle urine dopo massaggio prostatico (Test di Meares- Stamey). Questi esami sono solitamente sufficienti, e il quadro clinico può essere ulteriormente completato da un’uro-flussimetria, dallo studio del residuo urinario post- minzionale e da una eventuale ecografia trans-rettale.
L’antibioticoterapia costituisce la terapia di scelta per la prostatite batterica acuta. Gli antibiotici più usati nel trattamento della prostatite batterica sono i fluorochinolonici ed il cotrimossazolo. La terapia antibiotica viene proseguita per 3-4 settimane. In caso di ritenzione urinaria, si può ricorrere all’evacuazione delle urine tramite cateterismi eseguiti al bisogno (è bene evitare di lasciare il catetere in sede) o posizionamento di catetere cistostomico sovrapubico.
Nel caso di prostatite cronica, se ad eziologia batterica, si procede con una terapia antibiotica di maggiore durata, minimo 6-8 settimane.
Il trattamento antibiotico può essere affiancato dall’uso di altre classi di farmaci, soprattutto se la prostatite è cronica. Questi farmaci servono a ridurre il dolore e l’infiammazione (anti-infiammatori, benzodiazepine) e a controllare la sintomatologia urinaria (alfa-litici e fitoterapici).
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oltre interventi di chirurgia urologica
di cui con tecnica robotica
Ricercatore internazionale con oltre 800 pubblicazioni - Docente universitario presso l'Università degli studi di Firenze